02- Tempi diversi



L'enfasi che l'Arte della Complessità pone sulla dimensione temporale, cioè che si concretizza in creazioni ispirate al tempo creativo teorizzato da Prigogine, rappresenta una scelta strategica ben precisa, facendo coincidere mezzi e fini. Infatti la nuova teoria del tempo non solo offre una nuova chiave di lettura del reale, ma è anche il pernio di un mutamento culturale favorevole per una evoluzione scientifica che potrebbe dischiudere nuove prospettiva sul futuro della Terra: quella di una nuova alleanza cultura-natura. Intanto l'affermazione del nuovo modello cosmologico della evoluzione creativa -con la rilevanza data all'incremento di complessità trainata dalla teoria del tempo creativo-  si trova in palese contrasto con la visione "meccanicistica" del mondo, di cui la figura di Albert Einstein è l'esponente più in vista. Il nucleo della questione è che il concetto temporale di Einstein conservò il carattere di "reversibilità" propria all'idea di "universo compiuto" ereditata dalla fisica meccanica dei suoi predecessori, ciò che è il contrario della "irreversibilità" temporale che caratterizza le più recenti concezioni dell'evoluzionismo.  

E' propriamente  la reversibilità del "tempo circolare", in vigore per tutta l'antichità, che discretamente continua nella formazione della scienza moderna; a differenza dell'altro aspetto cosmologico centrale alle culture premoderne, quella dell'analogia micro-macrocosmica, che interpreta il cosmo come essere vivente simile all'uomo: è proprio questa idea di "universo vivente" che scompare radicalmente con l'avvento della cosmologia meccanica. A cominciare da Galileo Galilei, il "padre" della scienza moderna, che compilò "i massimi sistemi" creando il modello cosmologico di una "macchina celeste", il cui tempo non fu teorizzato ma semplicemente correlato alle rotazioni orbitali dei corpi celesti, quindi reversibile come il "tempo circolare" degli antichi che ancora associò alle orbite planetarie; da questa prima versione di universo meccanico, lo scopritore della gravità, Isak Newton, elaborò un modello di "universo-orologio" -per cui si moltiplicarono gli orologi meccanici come immagine cosmologico- nel qual incorporò teoricamente il tempo come "tempo assoluto", con l'ipotesi di matematica prevedibilità di ogni evento avendo i dati sufficienti: ciò che significa determinismo matematico assoluto di una "macchina universale",  immutabile nel tempo, da cui è bandita ogni creazione del nuovo. Finche il genio di Einstein elaborò la famosa "relatività generale", dinamizzando la struttura statica dell'universo meccanico del passato per adattarla ai tempi moderni; e lo fece elaborando ulteriormente il concetto di tempo, anzitutto nel integrarlo come quarta dimensione nel suo continuum spazio-tempo, poi a "relativizzare" la sua dinamica con la nota ipotesi di rallentamento del tempo con velocità vicina a quella della luce, derivata dalla "curvatura" dello spazio-tempo da lui scoperta.
Tuttavia, per quanto fosse più integrato nel reale che nel passato, il "tempo relativo" di Einstein è di conformazione geometrica e conserva il carattere "meccanico" di una dimensione temporale limitata a misurare il moto di oggetti nello spazio. Funziona bene per misurare la velocità di un uomo che cammina nel treno in corsa, ma non l'età d'un essere vivente che avanzano con gli anni e si trasforma, come l'universo. Semplificando, il tempo reversibile della fisica meccanica è simile alle lancette dell'orologio che girano tornando all'origine -all'ora zero- senza avanzare come fanno gli anni del calendario a cui associamo un progresso. In termini più scientifici, invece, il "tempo relativo" di Einstein è calcolato da equazioni simmetriche, come è simmetrica tutta la fisica classica, che equivale a dire "reversibile": per cui non meraviglia che Einstein scrisse chiaramente: "il tempo è una illusione". Si aggiunge che, dopo la storica missione spaziale dell'Hubble con cui si dimostrò perentoriamente l'evoluzione irreversibile dell'universo intero, Einstein ne riconobbe l'importanza, tanto che provò a cambiare la "relatività generale" includendovi una "costante cosmica" allo scopo di rettificare le sue equazioni, senza riuscirvi però, come egli stesso ammise definendolo "un errore". 

L'Alba dei Tempi Diversi

L'universo post-einsteiniano


L'emergere della idea di "irreversibilità" della freccia temporale, in quanto sottende alle evidenze della Evoluzione Allargata e della sua estensione cosmologica  documentato dalla missione Hubble, hanno finito per ridimensionare la supposta universalità della visione "meccanicistica" dell'universo a tempo reversibile,  di cui Einstein è l'emblema. Certo, non si tratta di un superamento ma di integrare la "relatività" in un sistema scientifico più complesso.  Tuttavia questo suo diminuito predominio teorico sulla concezione cosmica è stato interpretare come l'avvento del "universo post-einsteiniano". In realtà si potrebbe tracciare un parallelo tra questo mutare di orientamento nell'ambito scientifico e il generale mutamento culturale dell'epoca definito come "post-moderno". E' una revisione culturale il cui inizio, risalente al 1979, si riconduce alla filosofia di J.F. Lyotard, che trovò ripercussione prima in ambito letterario e poi sopratutto in un nuovo approccio all'architettura esteso ugualmente alle arti visuali, fino a coinvolgere tutta la "civiltà dell'immagine". In Italia si annoverano tra i diffusori l'architetto Paolo Portoghesi e il filosofo Gianni Vattimo con il concetto di "pensiero debole" idoneo al mutamento. Detto in breve l'affermarsi della cosiddetta "condizione post-moderna" manifestò palesemente la "crisi della modernità" associata alla dilagante evidenza dei "limiti di sviluppo", per altro annunciato sin dal 1972  dalla clamorosa documentazione del "Club di Roma" realizzata con la partecipazione del MIT (Massachusetts Institute of Technology). Fu il crollo delle certezze sull'illimitato sviluppo del mondo moderno come modello di sviluppo dell'intero globo terrestre. Da allora si svuotarono di significato i valori trainanti della Modernità, come le "sorti meravigliose e progressive", prima così ben espressi dal movimento artistico del Futurismo, spronati dall'euforica convinzione che la moderna tecnologia avrebbe affrancato dalla fatica l'umanità intera. Si aggiunge un altro fattore storico: allo stesso tempo che si attenua la forza propulsiva della "rivoluzione industriale" è venuto ad emergere un'altra grande forza trainante della produttività, quella della "rivoluzione informatica". In tal senso si parla del decollo di un sistema sociale "post-industriale" come base organica della Postmodernità.

Per quanto riguarda altre caratteristiche della cultura "post-moderno" è centrale il rovesciamento della sua prospettiva temporale. Data che la fede per un progresso proiettato nel futuro è venuto a mancare, ecco che l'interesse culturale si ribaltò verso le rimanenze del passato.  Iniziò cosi un ampio recupero di quel passato che il Movimento Moderno aveva travolto sistematicamente nel suo illimitato ottimismo per il futuro dei suoi modelli di vita. Più esattamente il passato venne "riattualizzati" mediante variegate interazioni trans-disciplinari. Una testimonianza dell'epoca è la Biennale di Venezia del 1980, con il significativo titolo "La presenza del Passato", dedicata all'architettura postmoderna e alle arti visuali come la "Trans-avanguardia". Per un verso l'esposizione si concentrò  sulla rinnovata funzione del linguaggio visivo secondo la rilevanza avuto nel passato come mass-media, ciò che venne riattualizzato in rapporto alla nascente rivoluzione informatica. Per l'altro verso questo recupero semantico debordò dei rispettivi confini, specie in relazione alle molteplici radici culturali del mondo con cui affrontò lo sviluppo di una società multi-etnica. Sfortunatamente, da queste premesse, lo sviluppo della Postmodernità sfociò nell'espandersi di una "Babele linguistica" in tutti i campi creativi e meno, con confusioni di concetti e crescente ambiguità ideologiche, che spianarono la strada a riaffermazioni di idee conservative connesse al rimpianto del passato, venuti poi a concretizzarsi nell'incrinarsi di molte delle "conquiste democratiche" propri alla Modernità. E' un garbuglio in cui uno degli elementi culturali più promettenti è lo sviluppo della coscienza ecologica, di una cultura commisurata alla natura, in parte pure recuperato dal passato, ora riattualizzati con l'affermarsi progressivo di modelli sociale ed tecnologici caratterizzati dalla "eco compatibilità", nel cui orizzonte si coloca pure la nuova scienza e cultura della "complessità", idonea pur di affrontare la multi-culturalità.

L'universo post-einsteiniano

La nuova alleanza


Nell' ambito culturale creatosi con la "crisi della Modernità" i riferimenti alla cosmologia "post-einsteiniana" comprendono gli stessi contorni della cultura "post-moderna". In tale ottica è ragionevole considerare questo periodo come fase di transizione in un processo evolutivo verso sistemi più complessi, sia rispetto alla cultura e alla società in generale, quanto in campo scientifico a riguardo di una concezione cosmologica idonea a inglobare i dati sperimentali della evoluzione universale. Indubbiamente l'auspicata evoluzione del paradigma scientifico trova risposta nella nuova cosmologia della complessità, il cui fulcro è il tempo creativo elevato a "prima dimensione" del reale, con un continuum ribaltato da spazio-tempo a tempo-spazio.  Ma oltre all'inclusione del tempo evolutivo vi è un altro fattore in gioco. Infatti questo ribaltamento del paradigma scientifico potrebbe colmare l'altra grossa lacuna che la concezione "meccanicistica" dell'universo aveva instaurato nel mondo moderno: è l'assoluta esclusione della Vita come parte organica della concezione scientifica del mondo, che si trascina dietro come suo peccato originale. E' stato il grande Jean Piaget a sintetizzare bene questa lacuna, scrivendo che per la cosmologia moderna "la vita non è altro che un accidente". Analizzando il fatto è del tutto logico che l'esclusione concettuale della vita accompagno l'esclusione del tempo evolutivo: basta pensare che la Vita sulla Terra ha come sua matrice il DNA, il codice genetico che conserva il patrimonio mnemonico di tutta l'evoluzione avvenuta nel tempo, per cui è definito anche "libro vivente della genesi", dando evidenza lampante che la Vita è un aspetto organicamente connesso al tempo evolutivo. Evidentemente il tempo è tutt'uno con la vita. Con una logica ugualmente coerente ma di senso contrario, la cosmologia meccanica che non può includervi il tempo evolutivo, nel proiettarsi sul terreno storico del suo dominio mediante la tecnologia da essa generata, non poté che creare una "Civiltà della Macchina" sostanzialmente in contrasto con la dimensione umana e l'intera biosfera del pianeta. Viceversa, queste stesse dimensioni della vita trovano una perfetta continuità nel paradigma cosmologico dell'evoluzione allargata. Infatti la complessità evolutiva è trainato dal tempo creativo basato sui princìpi della "termodinamica" che,  avendo il sole come fonte primaria, si manifesta negli stessi parametri della Vita terrestre. A comincare della fotosintesi delle piante come base della piramide alimentare, fino alle nuove tecnologie fotovoltaiche: un nesso logico ben rappresentato dal "sole che ride" dei movimenti ecologici. Concludendo, si evidenzia che il modello cosmico della complessità creativa, in quanto relazionato alla termodinamica, si apre ai parametri del tempo e della vita, con tutte le implicazioni di evoluzione della coscienza e della creatività come elementi interattivi, a loro volta irrinunciabili alla stessa evoluzione dell'universo. A questo contesto si riferisce Ilia Prigogine nel suo noto saggio "La nuova alleanza",  prospettando nello sviluppo scientifico derivato dalla sua teoria del tempo creativo la via per una "nuova alleanza" tra cultura e natura. Con la correlazione implicita di una nuova alleanza tra la creatività umana e la creatività della natura, affrontati rispettivamente dall'arte e della scienza, dalla cui correlazione potrebbe scaturire anche l'alba di un "nuovo umanesimo".

Arte-Scienza 

Un dato sorprendente a prima vista è il fatto che la previsione di una nuova alleanza cultura-natura porta con se anche una nuova alleanza arte-scienza, dalla cui antica relazione fiorì l'Umanesimo rinascimentale come con esso termino. In sintesi è propriamente la scoperta della "creatività", come caratteristica centrale dell'universo, da cui derivano leggi evolutive analoghe tanto nella storia naturale quanto nella storia culturale, per cui un più armonica rapporto tra cultura e natura implica una rinnovata interazione arte-scienza, entrambi incentrati sul  "mistero della creazione". Prigogine lo ribadì esplicitamente nel sua conferenza "Il paradosso del tempo e il problema delle due culture", riferendosi alla "cultura scientifica e a quella umanistica", chiamati a coniugare la spinta evolutiva della creazione cosmogonica e la spinta antropologica della creatività umana. In pratica il connubio ha lo scopo funzionale di indagare il "mistero della Creazione" con gli altrettanto misteriosi mezzi creativi dell'uomo Ciò che è denominato "estetizazzione del sapere" e che si proietta verso una nuova visione del mondo, che Prigogine esemplifica "con l'immagine che usava Platone: la natura come opera d'arte". Un modello che -bisogna aggiungere- similmente dovrebbe tradursi in una riconfigurazione dell'habitat umano.
Con le sue moltipliche connotazioni "Il mistero della Creazione" fu dibattuto al "Convegno Spoletoscienza 1992", organizzato dalla Fondazione Sigma Tau, con la partecipazione di vari specialisti dei rispettivi campi, tra cui Prigogine, senza trascurare l'esecuzione musicale  della "Creazione" di Joseph Haydn come finale. "Perché appunto -commentò Franco Prattico- la scienza è anche creatività: ossia nasce dalla capacità, comune al poeta, al pittore, al matematico, allo scienziato, al grande sperimentatore, di intravedere un 'ordine' diverso, una risistemazione del sapere o del vissuto... lo scienziato innovatore perciò come 'artista': perché non bisogna dimenticare (e accade spesso) che la scienza formalizzata non rappresenta l'unica strada di conoscenza: se così fosse riusciremmo di impoverire il mondo". Se nella relazione variabile tra queste due "strade di conoscenza" è la scienza che ora si avvicina all'arte, all'inizio della Modernità fu il contrario. Come ricorda personalmente il poeta Octavio Paz: "negli atelier parigini, nel 1910, non si parlava d'altro che della nuova fisica, della quarta dimensione! Uno dei quadri più importanti della nostra epoca, 'La mariée mise nu' di Marcel Duchamp, è impregnata della teoria della quarta dimensione". Lo stesso vale per la psicologia freudiana che influenzò i surrealisti o la teoria della luce nell'impressionismo. Anche uno dei più grandi artisti del fine novecento, Joseph Beuys, precursore dell'arte complessa e perciò interessato alla Termodinamica e la  tematica del tempo, scrisse:" prima di applicarmi all'arte, avevo studiato le scienze naturali"; anche artisticamente "ho cercato...fin da principio di lavorare in modo scientifico".
Più recentemente, però, in base al più ampio emergere degli studi sulla complessità, questo influenza tra arte e scienza si è ribaltato con il crescente interessamento degli scienziati per la complessità creativa nell'arte. Nel suo saggio "per un'estetica dei fenomeni complessi", Fulvio Carmagnola- specifica che "a parlarci dell'estetica come scienza sono...soprattutto gli scienziati dell'ultima fisica". Essi "scoprono oggi di possedere in comune larghi tratti di percorso, aspetti di logica della scoperta."Ciò che ammette "una reciproca influenza tra forme di sapere basate sull'intuizione estetica e metodologia scientifica": sicché i "due movimenti sono complementari e costituiscono un allargamento del paradigma estetico a modello di comprensione dell'oggettività". Questa "estetizazzione del sapere" -sottolinea Carmagnola- "costituisce uno degli indicatori di direzione più importante per identificare modelli e strategie conoscitivi appartenenti alla cultura della complessità". Delegittimando ogni residuo di   considerazione dell'arte come "decorazione" o "lusso inutile" di secondaria importanza, l'epistemologia scientifica tende ora ad "affermare una cultura che considera l'attività artistica e quella scientifica non più gerarchicamente ma in parallelo, legate da profonde e nascoste analogie strutturali".

Imago Mundi

Mentre il denominatore comune tra arte e scienza è stata individuata nel concetto complesso di "creatività", a sua volta la creatività umana ha come radice un dinamismo di estrema complessità: l'immaginazione.
 Un punto di contatto determinante tra arte e scienza e nella creazione di modelli scientifici del reale, per cui i filosofi della scienza indicano principalmente la capacità distinta della mente umana di "immaginare e farsi immagine del mondo".



Il suono creativo del tempo
Le metafore del tempo

Il tempo non solo è una delle cose più misteriose del mondo ma è anche molto più implicato nella nostra esistenza di quanto non si creda. Oltre a scandire il tempo dedotto dai cicli celesti, il tempo è pur nei ritmi e nelle frequenze energetiche che sottendono a musica  e danza, come allo spettro dei colori che compongono il mondo e riverberano nelle arti. Crescita e declino, fame e alimentazione, sesso e riproduzione, gli innumerevoli ritmi biologici della natura e dell'uomo: tutto è legato al tempo.  Tuttavia, per quanto sia invisibile e impalpabile, siamo tutti consapevoli che il tempo agisca ovunque, trascinando visibilmente ogni cosa nella sua dinamica inarrestabile. Non desta meraviglia perciò, che, durante la storia umana, innumerevoli sono i simboli e le metafore delle dinamiche temporali, creati e  incorporati nelle rappresentazioni mitiche delle religioni, a loro volta oggetti di rappresentazioni artistiche di ogni epoca  e area culturale, fino a rifiorire in forme riattualizzate nell'Arte della Complessità Globale.

Come è dimostrato da testimonianze archeologiche e riferimenti mitici, sin dalle epoche più remote la nozione temporale fu generalmente associato al "Tempo circolare", detto anche ciclico, in quanto dedotto dall'orbitare ciclico dei pianeti come dal mutare ciclico delle stagioni, ugualmente osservati nei cicli di fecondità sincronici ai cicli lunari. Nel mito greco l'origine del "tempo circolare" è attribuito Kronos, dai latini chiamato Saturno; primo dei pianeti (famoso per gli anelli), fu definito padre degli dei e degli uomini: è il pianeta che regnò durante il primo evo dell'umanità, chiamato "Età dell'Oro", non molto diverso dal "Paradiso Terrestre" della tradizione giudaica-cristiana.

Come forma dinamica iI "tempo circolare" si manifesta con una fase ascendente, come tempo creativa, e una fase dissolvente, come tempo divoratore: sono i cicli stagionali della natura e della vita umana, come ampiamente raffigurato nella "ruota della fortuna" del medioevo europeo. Ciò che è determinante, anche come base del mito paradisiaco, è che si tratta  di un tempo "reversibile", cioè non-cumulativo, poiché torna ciclicamente al punto d'origine, come le lancette dell'orologio che torna a zero. Pertanto, oltreché Re del paradiso, il mito greco rappresenta Krono come "divoratore dei suoi figli".  Il fatto è che non ce rapida evoluzione socio-culturale, anzi è bandita: per evitare i drammi dell'entropia dei processi evolutivi, a cui sembra riferire "l'albero proibito" al centro, come asse dell'Eden. 
In effetti il regno di Kronos terminò, quando suo figlio Zeus chiamato Giove dei Latini, con lo stratagemma di una "pietra", divenne il nuovo pianeta dominatore. Lo fece  confinando Kronos-Saturno in una caverne (dove continua nella cristianità con nome Satana), mentre egli si innalzo coassialmente sul Monte Olimpo: in cima alla gerarchia del "Monte sacro". L'asse verticale che così si forma, tra inferi e la cima del monte fino alla stella polare, è la "Axis Mundi" che, circoscritta dal  "Monte Sacro", è il simbolo trainante della civiltà antica, in quanto denota la gerarchia celeste che si proietta nella gerarchia sociale: è un dinamismo di "elevazione" che con il tempo diventa "evoluzione". Infatti, l'asse ascensionale del Monte sacro denota la dinamica "cumulativa" su cui si fonda la storia evolutiva  della civiltà. E' il "tempo lineare" che in epoca storica si genera con il rito dl fondazione delle città-stato, ombelico del mondo, il mundis, che riattualizza il punto zero della cosmogonia, il  da cui dipartono le linee di misura dello spazio e del tempo,  da cui si conta il tempo secondo la successione lineare degli anni solari, come ad esempio Roma contò gli anni dalla sua fondazione, o altri dalla nascità del Re fondatore, a cui si rifà il Cristianesimo.
Generalmente gli storici riferiscono l'introduzione officiale del "tempo lineare" all'affermazione del Cristianesimo, ovverosia al concetto di "storia salvifica" che, seguendo la "linea retta", dalla "caduta di Adamo" e le "stazioni" a seguire la "Croce", fatta dallo stesso "Albero del Paradiso", giunge alla Parusia, il "Secondo Evento" con lil "Secondo Adamo"e il rispuntare dell Albero alla fine dei tempi. Sempre secondo gli storici, da questo concetto del progredire con rettitudine e costanza lineare nel tempo fino alla salvezza, sarebbe derivato concetto moderno di "progresso", inteso come evoluzione verso una "elevazione umana"
In conclusione, vi sono due forme dinamiche del tempo: quello "circolare" e quello "lineare", ma come le ore e gli mesi per un verso e il progredire degli anni, non vi è incompatibilità, ma piuttosto integrazione in una forma mista, quella di una spirale indubbiamente. E' vero che la "spirale" ricorda anche la "serpe" colpevole nel Paradiso Terrestre, con promessa di elevazione fino a Dio, sebbene la dinamica spiraliforma del tempo somigli tanto al DNA della Vita nonchè alla megaspirale intergalattica che forma l'universo.

 Le tracce mnemoniche del tempo.
In conclusione
Ovviamente la dinamica del tempo in questione si colloca nella visione dell'universo complesso della creazione perpetua: dove le trasformazioni evolutive che creano il nuovo, per quanto indeterminate sono tuttavia derivazioni dell'esistente che fu creato nel passato, per cui svelano elementi nuovi anche nelle origini collocate nel passato. In altre parole la creazione nuova del futuro è contemporaneamente anche la creazione nuova del passato; ossia il significato nuovo del futuro cambia il significato vecchio del passato, nel senso che rivela un altro elemento del suo potenziale creativo. Per dare una immagine a questa complessa dinamica temporale, si potrebbe immaginare una "duplice freccia temporale", collocata in senso verticale, che, mentre spinge in alto verso il futuro, allo stesso tempo spinge in basso verso il passato: entrambi in perpetua trasformazione creativa. L'immagine metaforica di questa complessa dinamica temporale abbiamo definita "l'asse semantica del tempo".


L'asse semantica del tempo



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